Estesa per circa 9.600 mq, la Villa comunale è situata in zona urbana, a ridosso del borgo antico della città. Di forma geometrica piuttosto regolare, è compresa tra corso Italia, via Giulio Recupero, via Antonio Bruni e piazzetta Sant’Antonio, sulla quale si apre l’ingresso principale. Il terreno è pianeggiante, ma declina in modo evidente verso l’angolo formato da corso Italia e via Recupero. La Villa è proprietà del Comune di Martina Franca, protetta da vincolo ope legis in quanto bene di interesse storico con più di 50 anni, di autore non vivente e di proprietà di ente pubblico. Il giardino, recintato, è accessibile negli orari di apertura al pubblico.
Con la soppressione degli Ordini religiosi (decreto luogotenenziale di Eugenio di Savoia, 1861) molti beni della Chiesa passarono allo Stato. Il Comune di Martina chiese e ottenne dal Governo la proprietà del convento dei Padri francescani riformati «[…] con gli orti e i giardini attigui» (1), ceduti in fitto e destinati a coltivazione. Qualche anno dopo, il sindaco Alessandro Fighera – noto per aver avviato la nuova espansione edilizia nonché l’ammodernamento della rete stradale extraurbana – «decise di urbanizzare il Largo della Fiera o di S. Antonio fuori porta S. Stefano» (2) (appunto la zona intorno all’ex convento) e destinò quel terreno a parco pubblico, realizzato in breve tempo da esperti giardinieri leccesi. Nel 1872 la Villa comunale, dedicata a Giuseppe Garibaldi, era pronta per il pubblico, anche se i lavori proseguirono poi per alcuni anni.
«Fino agli anni Sessanta del Novecento la Villa Comunale di Martina Franca era, fra i giardini pugliesi, l’esempio più interessante per presenza di opere realizzate secondo la tecnica dell’ars topiaria. Artefici furono Alessandro e Alfredo Fighera padre e figlio, definiti dalla storiografia locale i maximi pontificies del giardinaggio» (3). La Villa «comprendeva splendidi esempi di ars topiaria, con siepi e aiuole modellate in forma di vasi, oggetti e animali. Le varietà di piante e alberi erano molteplici; ne sono testimonianza le cartoline d’epoca sulle quali sono riportati i nomi delle diverse specie botaniche: vi era il viale delle Tuje, del Cedro, dei Cipressi, il porticato delle Querce, l’aiuola della Phoenix canariensis e delle canne. Dall’ingresso su via Taranto (attuale via G. Recupero) un viale conduceva alla cosiddetta Loggetta dell’arte topiaria, circondata da panchine in pietra e abbellita con siepi in forma di arco e colonne sormontate da vasi, alla quale si accedeva da una piccola gradinata; vi era anche un porticato addossato al fianco occidentale dell’ex convento, di notevole pregio artistico» (4). Nel periodo fascista, alcune piante e siepi furono modellate come figure care all’iconografia dell’epoca (aquila, lupa, etc.).
Tra il 1955 e il 1957, la costruzione dell’Albergo Semeraro (l’attuale Villa Ducale), seguita alla vendita a privati di una porzione del giardino, provocò la demolizione del pregevole porticato e la distruzione della Loggetta, modificando profondamente l’aspetto della Villa.
L’attuale dimensione della Villa è il risultato di un primo ampliamento del 1883 e di un’ulteriore estensione risalente agli anni Venti del Novecento, su progetto dell’ingegnere comunale Antonio Scialpi. L’impianto rispetta la tipologia del giardino all’italiana. Dall’ingresso principale, un viale conduce ad uno spazio centrale di forma ovale, delimitato da quattro sedute in pietra semicircolari; le quattro aperture sono individuate da rocchi di colonne scanalate in pietra, uno solo dei quali conserva sulla sommità un vaso in ceramica verde. Lo spazio è scandito da aiuole mistilinee in prossimità dell’ingresso principale, e aiuole curvilinee delimitate da bassi cordoli in pietra e piccole siepi. Lungo i viali curvilinei, in pavé, sono distribuite panchine in ferro, mentre panchine in pietra originali sono tuttora presenti lungo il muro perimetrale sul versante Ovest, in cui si apre l’entrata al ristorante dell’hotel Villa Ducale.
L’ingresso principale su piazzetta Sant’Antonio è caratterizzato da un elegante cancello in ferro montato tra due pilastri ottagonali in pietra, sovrastato dallo stemma della città con cavallo al galoppo; la stessa tipologia di entrata è su via Antonio Bruni, ma con un diverso cancello, sempre in ferro. Un terzo cancello in ferro più piccolo chiude l’entrata pedonale su via Giulio Recupero.
Sono inoltre presenti una vasca rotonda in pietra, di fattura semplice, con fontana centrale costituita da un cumulo di rocce (risalente al 1930) e un ampio edificio adibito a bar, pizzeria e ristorante – La Rotonda – di proprietà pubblica in concessione a privati, delimitato da una cancellata in ferro. Il nome del bar riprende quello dell’attiguo locale storico, sopraelevato rispetto alla pavimentazione stradale, cui si accede attraverso una scalinata; l’ex Rotonda, ormai dismessa, è chiusa da una moderna cancellata in ferro che ha sostituito le precedenti recinzioni (in legno nel 1938, in pietra negli anni ’50).
La vegetazione all’interno della Villa è rigogliosa e ricca di alberi secolari. Tra le specie arboree più presenti vi sono annosi pini d’Aleppo e lecci; presenti anche un esemplare di alaterno e di ginkgo biloba, esemplari di alloro, cedro, tasso, abete, olmo, pioppo, magnolia, cipresso, acacia, albero di Giuda, tuja, e diverse specie arbustive.
La recinzione che chiude il giardino su tre lati è costituita da un parapetto in mattoni di pietra, che – a causa delle diverse quote su cui si sviluppa il terreno – in alcuni punti diventa un vero e proprio muro scandito da lesene, con coronamento sbozzato a parallelepipedo. Le lesene sono sovrastate da plinti in pietra, collegati tra loro da ringhiera in ferro. Il lato occidentale della Villa è delimitato da abitazioni civili, da una struttura architettonica fatiscente e abbandonata e da un antico porticato, individuato da pilastri in pietra quadrangolari; parte del porticato è chiusa e dismessa, un’altra invece – in buone condizioni, arricchita da fioriere, con i pilastri sormontati da vasi – è di pertinenza dell’hotel Villa Ducale.
La Villa comunale Garibaldi appare in buono stato di conservazione.
NOTE:
(1) P. Marinò, Martina Franca, ed. Nuova Editrice Apulia, Martina Franca 2004, p. 79.
(2) A. Marinò, Martina Franca Ieri. Fatti, personaggi e trasformazioni sociali di una città, ed. AGA, Alberobello 1983, p. 54
(3) Ivi, p. 315
(4) Ivi, p. 335
Orari di apertura:
tutti i giorni in orario diurno;
da Giugno a Settembre: chiusura alle ore 24,00
Aprile Maggio, Ottobre: chiusura alle ore 22,00
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